Maltrattamenti Familiari | Riflettiamo con Antonella

Maltrattamenti Familiari | Riflettiamo con Antonella*

*la rubrica di Antonella Ricca rappresenta i soli pensieri di Antonella e non necessariamente del team bon’t worry INGO o della missione dell’associazione stessa. La rubrica si rappresenta come piattaforma per riflettere senza pregiudizi.

La rubrica sul blog della bon’t worry INGO contro la violenza di genere

In un processo che si sta celebrando per femminicidio  – e in molti altri del passato – i figli, interpellati dalla magistratura circa i rapporti del padre con la madre, ammettono che,  “si, qualche volta mio padre picchiava mia madre.” Lo ammettono con serena incoscienza, parlandone come di un  qualcosa che doveva essere risolto all’ interno della coppia e che “non li  riguardava.”

Il  rapporto marito – moglie è un qualcosa nel quale “…non bisogna entrare.” Se la sbrighino loro.
I maltrattamento familiari sono quasi sempre una premessa di omicidi, almeno potenziali,  e se, anche non lo sono, prefigurano comunque un rapporto di violenta prevaricazione che troppo spesso viene liquidato con un “sono fatti loro.”

Finchè non muore…

“A mio padre a volte è scappato qualche schiaffo dato a mamma ma niente di che…” ( finchè non l’ammazza) Queste affermazioni  tranquille e  minimizzanti  nascondono una ferocia atavica: l’idea che il maschio di casa “possegga” la donna e possa avere ragione della compagna anche con la violenza. “Che sarà mai, al massimo uno schiaffo, uno spintone: violenza vera, no, mai!”
Cosa si intende per violenza vera? Un omicidio?

Non è normale! Ma mi raccomando…che non lo sappia nessuno.

E “finchè non ci scappa il morto”,  molti pensano che sono cose che gli interessati devono vedere “tra loro.”  Oppure – anche questa è la deposizione di un figlio  di una donna uccisa, “Papà con mamma era violento, ma solo verbalmente.” Solo!  Questa accettazione quasi filosofica della violenza fisica (o verbale) verso la propria madre, o sorella, o fratello (non dimentichiamo i figli aggrediti in casa perché non sono –  o non vestono  –  come un genitore vorrebbe) vengono vissuti , dai consanguinei , con indifferenza, come fossero questioni personali nelle quali è giusto, comunque,  non immischiarsi ( per dare aiuto, per ammonire il violento o per dare sostegno alla vittima). Sono fatti privati e, come  tali,  considerati normali, quasi ineluttabili e nei quali non è bene immischiarsi. Da tenere ben nascosti nel chiuso della  famiglia. Che in un rapporto , in un qualsiasi rapporto familiare, siano  ammissibili la violenza e  la prevaricazione sull’altro.

 

“Lo sai com’è fatto, sei stata tu a provocarlo.” Spesso  è,  purtroppo, considerato normale. Per la  famiglia  questa  sopportazione è  ” il male minore”.   Il male  maggiore è  che ” si sappia fuori” – dalla cerchia familiare di questi episodi di violenza:  e non la violenza stessa!   –  Spesso, la violenza è addirittura vista  come una  ineluttabile conseguenza  di una lite,  o perfino, un modo drastico  ma  ” giusto”,  per costringere il soggetto a fare ciò che si vuole. Fin da bambini bisogna invece insegnare che il ricorso alla violenza è  proibito. Che non si usano le mani per nessun motivo e,  tanto meno,  per sopraffare  chi è più debole o per avere ragione.  Fin da piccoli  – fin dalle liti  tra fratelli per un giocattolo –   la  famiglia deve educare al rispetto dell’ altro. Liti tra fratelli, liti tra coniugi, non si risolvono picchiando l’altro.

Ascoltare prima che sia troppo tardi, per coscienza prima che per amore.

Fa scalpore la moglie uccisa dal marito,  tutti la piangono, ma prima,  la famiglia di lei  (che spesso era a  conoscenza delle condizioni di vita della sventurata) taceva e la invitava “…ad avere pazienza”.  I maltrattamenti in famiglia non sono “cosa che possono succedere ” e nelle quali non intervenire “per  discrezione, tanto sono adulti ” ma realtà inammissibili alle quali opporsi con ogni mezzo. Per coscienza prima ancora che per affetto.    “La famiglia sapeva”, mi disse una volta un  giudice  in un processo di femminicidio -“ma aveva invitato la vittima a sopportare “. Non si deve sopportare, nè si deve dare per scontato che in un rapporto – un qualsiasi rapporto – sia normale venire alle mani.

Il maltrattamento familiare non è uno solo…

Il maltrattamento familiare, per me, non è solo quello “attivo” (del coniuge che picchia, del padre che malmena, del fratello che insulta la sorella): esistono anche i  maltrattamenti familiari  passivi,  altrettanto colpevoli.
Sono quelli  dati dai  silenzi di chi sa, chi vede i lividi,  chi ascolta gli sfoghi e non dà aiuto nè  solidarietà alla vittima, non le sta a fianco convincendola a denunciare, anzi, la invita  “a subire  le botte”  per un malinteso senso di unione familiare. O a  non separarsi ” perché chissà che dirà  la gente” o “per i figli”
Quegli stessi figli che respirando un clima avvelenato dalla violenza, verranno segnati a vita da esperienze di  aggressività  se non di morte.  Spesso, la famiglia, non è purtroppo,  un luogo dove trovare comprensione, difesa e solidarietà, anzi! Non a caso è nata bon’t worry.
Antonella Ricca

Ho collaborato per anni a riviste femminili italiane e francesi (vedi Marie France) con i quotidiani ( Il Tempo di Roma) col magazine del Corriere della seraIl Mondiale negli anni ’80); con Friendly ed Ulisse 2000. Per Bella, ho scritto novelle e romanzi a puntate (non melensi). Ho ideato sceneggiature per  i fotoromanzi Lancio. Mi sono occupata anche di Relazioni Istituzionali (“Ufficio Stampa” ISAE) Vivo tra Roma e Nizza. Dal 2015 sono Presidente dei Soci Onorari della bon’t worry INGO ed insieme a loro lotto contro la violenza di genere.

antonella ricca bon't worry

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2019-12-16T11:11:26+00:00
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