Perche’ Non Ti Ribelli| Riflettiamo con Antonella*

*la rubrica di Antonella Ricca rappresenta i soli pensieri di Antonella e non necessariamente del team bon’t worry INGO o della missione dell’associazione stessa. La rubrica si rappresenta come piattaforma per riflettere senza pregiudizi.

La rubrica sul blog della bon’t worry INGO contro la violenza di genere

Stavolta parliamo di una realtá meno frequente di quelle che normalmente vengono trattate in questo nostro blog di  incontri.

La bon’t worry INGO interviene…

Talvolta capita – soprattutto alle donne maltrattate – di non reagire ai soprusi. Anche noi, in bon’t worry , abbiamo avuto “sconfitte”: persone che avevamo strappato alla violenza familiare, ma che hanno scelto di tornare dai loro carnefici
Anzichè stigmatizzare l’accaduto ed accusarle, è anzitutto necessario spiegare i motivi che conducono ad accettare una vita di violenze tornando con l’aggressore (e, purtroppo, sono decisioni che, non di rado, hanno un tragico epilogo. Ancor più dolorose se coinvolgono anche bambini )
Questo percorso di svalutazione personale inizia, quasi inavvertito, dall’infanzia. A poco a poco le bambine si convincono (vengono convinte) di doversi accontentare di ruoli subalterni rispetto a quelli dei maschi, i soli che possono aspirare a ruoli di primo piano.
Ancora oggi, in Italia ( e non soltanto nei paesi e non solo al sud ) si svilisce il ruolo della femminuccia rispetto al maschietto e si convince la bambina di valere meno o di avere meno diritti del fratello .

Diritto di Difesa

Qui mi rivolgo in particolare alle madri che non si accorgono di privilegiare inavvertitamente il figlio maschio esentandolo da doveri che considerano, invece, appannaggio naturale “delle femmine”.
Basta poco: lui puó continuare a giocare mentre alla bambina chiediamo aiuto in casa, oppure, crescendo, il fratello può uscire liberamente “perchè è un maschio” mentre alle ragazzine si chiede di rispettare orari più rigidi concedendo loro meno fiducia e libertá (anche se si dimostrano più responsabili dei fratelli maschi ) Queste ingiustizie vengono assorbite dal sesso femminile dando luogo ad una discriminazione che inibisce, sminuendo la consapevolezza dei propri diritti, del proprio valore.
Alle donne viene – tacitamente o no – impedito di ribellarsi : come dovessero “accontentarsi “, in quanto femmine ” di un ruolo di secondo piano di accettando sacrifici: piccole ingiustizie in famiglia oggi, e le prevaricazioni del maschio, domani!
Soprattutto quando si innamorano, le donne pensano sia normale accettare “qualche piccolo sopruso.” Qualche compromesso, qualche rinuncia che, guarda caso, al maschio non viene mai chiesta .
Si comincia cosí e si è giá sulla strada del considerarsi immeritevoli di rispetto e dignitá.
Se poi si incontra uomo aggressivo, è la fine!
Il mio discorso non suoni anacronistico in tempi di ragazze indipendenti e consapevoli : può sembrare superato, ma torna di attualità ogni volta in cui ci si annulli nell’innamoramento: e questa caratteristica (soprattutto al femminile) non risparmia le donne mature, quelle alle quali l’etá avrebbe dovuto regalare sicurezza e un carattere più determinato. “Innamorata come una ragazzina”, non è un modo di dire…
Se la persona di cui ci si innamora finisce per inibirci, per toglierci ogni sicurezza, se ci svilisce, allora può accadere di perdere di vista la considerazione di sè.
E il diritto di difendersi.
Attenzione : non è una questione di intelligenza, è un condizionamento progressivo che, con il passar del tempo, può imprigionare chiunque!
Ma perchè ( soprattutto ) le donne che subiscono la sopraffazione del partner, non lo lasciano?
Perchè, alcune tornano da chi le critica e le maltratta?
Accade quando la manipolazione viene da lontano, succede perchè “prima” sono state convinte di non valere nulla (ecco il ruolo delle mamme che devono crescere bambine non sottomesse: fiere della loro femminilitá che non significhi un alcun modo “inferioritá” )
La vittima non si sottrae a chi la denigra e si rassegna ( finendo per credere di non valere nulla) perchè è stata educata, in misura maggiore o minore, “alla obbedienza “) perchè femmina”, o, addirittura, alla dipendenza dell’accettare di essere “meno” soltanto in quanto “femmina”.
Ancor oggi accade che la donna, a paritá di prestazione lavorativa, venga pagata meno di un uomo! Non stupisca se poi,
in un rapporto di coppia, finirá per convincersi di valere davvero meno del proprio partner….
Chi viene maltrattata, alla lunga pensa di meritarlo; di non valere niente! Nè pensa di avere il diritto di reagire!
A questo punto il gioco è fatto: si dipende dal predatore e si è disposte ad accettare tutto. Anche che – in nome di questa presunta inferioritá – di meritare maltrattamenti ed insulti.
E’una spirale: più si viene maltrattate e più ci si sente degradate.
Si vive un senso di inferiorità paralizzante che impedisce di reagire, di sottrarsi alla violenza Si pensa di meritarla, di non avere altri sbocchi
Per questo, molte donne non si difendono e non si fanno aiutare.
Sono convinte – condizionate ad esserne convinte – di non valere nulla e di non avere altro destino che i soprusi.
Una donna che li subisca per anni senza reagire li accetta e si rende passivamente incapace di chiedere aiuto e di sottrarsi alle violenze .
Non vede nessuna alternativa se non quella di subìre. Diventa dipendente dalla violenza e dalle umiliazioni del partner. Di un rapporto malato e distruttivo.
E’ovvio che un atteggiamento “sano” è quello di chi reagisce e prende le distanze dai maltrattamenti ma vi parlo di chi ha difficoltá nel cercare di salvarsi e comprendo (ma non giustifico) coloro che tornano da chi li maltratta: ne sono dipendenti come da una droga: vanno capiti senza rifiutare di dar loro aiuto pensando:” Poteva ribellarsi, se lo è cercato!”
A volte, proprio non si riesce a sottrarsi!
Vorrei lanciare un grido di allarme: bisogna rompere il rapporto con chi ci disistima prima che ci faccia giungere al punto di considerarci immerirevoli di amore.
La Corte di Assise di Napoli ha emesso di recente una clamorosa sentenza di primo grado : ventidue anni ad un uomo accusato di aver sottoposto la compagna ad angherie tali da indurla al suicidio. La vittima si è uccisa – a detta dei giudici – perchè non vedeva altra strada per sfuggire al suo carnefice!
E’ la prima volta che in Italia c’è una condanna per “maltrattamenti aggravati dalla morte della vittima.” Una svolta!
Arianna – questo il nome della ragazza -si è uccisa lanciandosi dal balcone per sottrarsi alla violenza del partner
Arianna era bella, aveva un lavoro brillante presso una casa editrice, non era una sprovveduta! Purtroppo, era innamorata di un uomo che l’ ha isolata dagli amici e dalla famiglia (un errore gravissimo da non commettere)
Era un prepotente che la disprezzava e non perdeva occasione per umiliarla fino a sgretolarne la personalitá.
Arianna si è sentita una nullitá, “una fallita della vita”, e, credendo alle parole insultanti del partner, non vedendo altra via di uscita, si è uccisa.
In suo nome vi dico: ci vorranno tempo e pazienza, ma sará sempre possibile, se non vi arrenderete, ritrovare il rispetto e la vita dignitosa che ciascuno merita.
Si deve cercare aiuto, non vergognarsi mai delle “cadute” (i famosi “ripensamenti che ci riportano dall’ aggressore) considerandoli per ciò che sono : non sconfitte definitive, ma episodi superabili e spiegabili con la violenza psicologica subìta.
Non bisogna scoraggiarsi: non si è mai soli, se si ha voglia di rinascere!
A non valere nulla è proprio chi cerca di farvelo credere: è chi vi maltratta, non certo voi..
Come nello slogan di una nota casa cosmetica, ripetetevi spesso “io valgo”.
Credeteci. La strada verso la riconquista del rispetto di sè è lunga ma è sempre possibile e non è mai solitaria .
Chiedete aiuto e percorretela perchè è l’unica strada che vi restituirá a voi stesse rendendovi orgogliose e serene.

Antonella Ricca

Ho collaborato per anni a riviste femminili italiane e francesi (vedi Marie France) con i quotidiani ( Il Tempo di Roma) col magazine del Corriere della seraIl Mondiale negli anni ’80); con Friendly ed Ulisse 2000. Per Bella, ho scritto novelle e romanzi a puntate (non melensi). Ho ideato sceneggiature per  i fotoromanzi Lancio. Mi sono occupata anche di Relazioni Istituzionali (“Ufficio Stampa” ISAE) Vivo tra Roma e Nizza. Dal 2015 sono Presidente dei Soci Onorari della bon’t worry INGO ed insieme a loro lotto contro la violenza di genere.

antonella ricca bon't worry

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La bon’t worry INGO
La bon’t worry INGO è un’associazione fondata nel 2015 per lottare contro la violenza di genere. Sosteniamo le vittime di violenza con assistenza legale e psichiatrica. Per maggiori informazioni visitare la nostra pagina “Chi Siamo” e seguiteci sui social media: Facebook, Instagram, YouTube, LinkedIn, Twitter.
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2020-08-22T11:11:09+00:00
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